di DIEGO FERRANTE
"Ecco la nuova Algeri: invece della piaga delle lebbra, che ha insudiciato il golfo e le pendici del Sahel, ora c’è l’architettura ... il gioco magistrale, corretto e magnifico delle forme nella luce"
Nel 1930, in seguito a una visita per il centenario del dominio francese in Algeria, Le Corbusier comincia a lavorare a un piano per lo sviluppo urbanistico di Algeri. L'architetto e designer svizzero ritiene, infatti, che la città sia destinata a diventare la capitale del Nord Africa, nonché un centro internazionale del Mediterraneo al pari di Barcellona o Marsiglia. Il progetto urbanistico lo occuperà per undici anni, tra il 1931 e il 1942, con la definizione di sei progetti che innescarono un ampio dibattito pubblico, ma non furono mai realizzati.
Il piano Obus consisteva di due elementi principali: un nuovo distretto finanziario e commerciale – in un’area da demolire situata sulla parte superiore della Casbah –, e un nastro autostradale inarcato lungo la costa, al quale si collegavano sei piani sottostanti e dodici soprastanti: all’interno di questi spazi ognuno avrebbe potuto costruire la propria abitazione privata. (I diciotto piani si pensava potessero alloggiare 180.000 persone).
La nuova Algeri era la rappresentazione di una città lineare che avrebbe soddisfatto le quattro funzioni fondamentali di un insediamento – funzioni individuate dallo stesso Le Corbusier –: abitare; lavorare; coltivare il corpo e lo spirito; circolare. D'altra parte, nella ricerca di una soluzione per problemi urbanistici universali, il piano Obus, mutava in modo radicale il paesaggio, ribadiva la separazione tra lavoratori ed élites europee, minimizzava le tradizioni sociali e culturali algerine. Infatti, se negli scritti di quegli anni Le Corbusier si dichiara entusiasta degli esempi di architettura vernacolare, dei giardini e delle terrazze che affollano Algeri, a prevalere è un’architettura razionale che mette da parte la ricerca di un "primitivismo poetico" per inserire nel tessuto urbano delle case preindustriali.
L’incontro con Algeri scosse la fiducia di Le Corbusier nella capacità dell'architettura di attivare o finanche una riforma sociale, eppure i suoi progetti di trasformazione della città riproducevano i segni di un conflitto ancora aperto – con le sue divisioni, i suoi edifici e le sue sintesi – senza mettere in questione in modo radicale i propri presupposti, i processi di inclusione ed esclusione di un abitare collettivo.
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