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Tutte le fotografie sono fotografie d’infanzia

di ALIX CLÉO ROUBAUD

traduzione a cura di Diego Ferrante



Zetaesse. ALIX CLÉO ROUBAUD. Fotografare l’invisibile significa fotografare ciò che non abbiamo ancora visto, ma che finiremo per vedere, ciò che non dovremmo mai vedere, ciò che non ci stancheremmo mai di guardare
© Alix Cléo Roubaud

[Il testo, scritto nel dicembre 1980, raccoglie brevi annotazioni sulla fotografia che approfondiscono quanto Alix Cléo Roubaud aveva sostenuto in un cortometraggio di Jean Eustache, Les photos d'Alix.]



1. Precauzioni preliminari.

1.1. La fotografia fa tornare in vita questioni naïve sull’arte.

1.2. Qualsiasi affermazione che riguarda la fotografia è potenzialmente vera o comunque applicabile alle arti visive ; ad (altre) arti ; ad altre immagini.

1.3. Tranello : cercare un’essenza della fotografia.

1.4. Tranello : confondere un insieme di fotografie con il fatto della fotografia, per esempio confondere la storia (empirica) con l’intenzione.

2. I discorsi sulla fotografia sono naïve.

2.1. L’ingenuità dei discorsi sulla fotografia è legata all'apparizione storica della fotografia ; tutto d’un tratto si pratica un’“arte” dell’immagine senza la cauzione istituzionale delle accademie o delle scuole di belle arti, istituzioni che vorrebbero il monopolio su quest’arte, senza la sanzione di una lunga tradizione o l’esistenza di un’élite da essa derivata.

2.1.1. Il fotografo è un parvenu dell’arte.

2.1.2. Il fotografo è autodidatta.

2.1.3. Il fotografo è un rivale del pittore, dell’incisore, dell’illustratore, e del giornalista.

2.2. Nel produrre immagini, il fotografo compete con il pittore e si considera un artista; in quanto chimico, si considera moderno ; ha accesso al reale due volte, in quanto produce immagini e in quanto queste immagini, per semplice chimica, non sono né un riflesso né un’interpretazione del mondo, ma una traccia reale del mondo.

2.2.1. L’artista fotografo si inserisce, nel bene e nel male, nella tradizione della pittura realista di cui è l’erede più o meno consapevole.

2.3. Traccia del mondo, la fotografia è un frammento del mondo.


Zetaesse. ALIX CLÉO ROUBAUD. Fotografare l’invisibile significa fotografare ciò che non abbiamo ancora visto, ma che finiremo per vedere, ciò che non dovremmo mai vedere, ciò che non ci stancheremmo mai di guardare
© Alix Cléo Roubaud

3. Se il mondo è reale, è la somma di tutte le tracce.

3.1. Pertanto anche le altre arti sono parte del mondo.

3.2. Dimenticando talvolta tutto ciò, il fotografo fotografa le altre arti come se fossero la natura.

3.3. La felicità di fotografare una strada, un monumento, un’inferriata o un giardino, allo stesso modo che un albero o una donna.

3.3.1. La felicità di ignorare che quella grata è un prodotto d’arte decorativa, un’arte minore ; la fotografia della grata può far finta di essere un'immagine; essere un' opera d'arte maggiore.

3.3.3.1. Atget fotografa grate, comignoli e strade al posto di pittori, scultori, decoratori e architetti.

3.4. Può accadere che la fotografia giunga a cambiare d’ordine le altre arti, o la gerarchia tra queste arti di più lunga tradizione.

3.4.1. Per un breve periodo la fotografia ha pensato di rimpiazzare la pittura, di gareggiare con essa e sorpassarla.

3.4.1.1. Non ha sostituito la pittura.

3.4.1.2. Pensava di competere con la pittura. Alcuni pittori di sentirono minacciati dalla fotografia, grossomodo tra il 1840 e il 1850, in un numero minore da quel momento in poi. Altri pittori si cimentarono con la fotografia (Delacroix, Degas, Manet…) o come strumento di lavoro, o come disciplina affine.

3.4.1.2.1. La fotografia può imitare la pittura ; e così crede di esserne una concorrente.

3.4.2. La rivalità non è tra pittura e fotografia ma talvolta tra pittori e fotografi.

3.4.2.1. La pittura può anch’essa imitare la fotografia.


4. L’immagine è la base per credere nel reale.

4.1. La memoria è alla base della fede nel passato.

4.2. Una fotografia suppone la coesistenza, allo stesso tempo e nello stesso luogo, del fotografo e di ciò che è fotografato.

4.2.1. Una fotografia offre la prova visiva di questa coesistenza.

4.2.2. Da qui l’effetto realtà.

4.2.2.1. Una fotografia è vera perché è un’immagine ; il momento dell’immagine è trascorso ; ma la fotografia è lì a testimoniare la realtà di questo momento.

4.3. Se una fotografia è una riproduzione del visto, Vermeer è un fotografo.

4.4. Se una fotografia è la prova e la traccia di un istante, Jackson Pollock è un fotografo.


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© Alix Cléo Roubaud

5. Ogni fotografia è un ricordo

5.0. Se accettiamo questa proposizione, allora ogni fotografia è un ricordo per due aspetti : perché attesta la realtà di un momento e perché situa questo momento nel passato.

5.1. Ogni ricordo è il ricordo di un momento ; ogni immagine è l’immagine di un evento.

5.1.1. Qualifichiamo, per esigenze di causa, la copresenza dello zio Emile e la torre Eiffel come un evento.

5.1.2. Questo evento d’ora in poi non è altro che il suo ricordo ; e il suo ricordo è : una foto di Emile davanti alla torre Eiffel.

5.1.3. Questa fotografia certifica la realtà di un momento nel passato che è diventato, attraverso la fotografia, un evento.

5.1.4. Non c’è un’estetica dell’evento, solo la sua positività.

5.2. A seconda dell’evento, la fotografia può trarre beneficio da questa assenza di un’estetica.

5.3. Un incontro del bello e del morale, un’immagine può essere vera (autentica) ; un’immagine può essere bella perché vera, bella ancorché vera, falsa e dunque laida (la pubblicità).

5.3.1. Davanti alla fotografia di un avvenimento, prima vedi il fatto e poi la fotografia (che è a sua volta un fatto) : non è così dinanzi a un dipinto.

5.4. L’incontro dello zio Emile e la torre Eiffel, anche se nessuno dei due termini della relazione è necessariamente bello, può essere bello. Prendiamo l'incontro dell’ombrello e della macchina da cucire sul ben noto tavolo operatorio.

La fotografia non è il tavolo operatorio ma l'incontro.

5.4.1. La coesistenza di oggetti eterocliti nello stesso luogo e momento rappresenta quasi metà di tutte le fotografie ; e questo oggi, quando nei fatti non è rimasto più alcun surrealista; questa sorta di fotografia è l’inventario di accidenti felici e incongrui ; il frutto di una teratologia della vita quotidiana.

5.5. Ogni fatto ha diritto all’esistenza fotografica ; il banale quanto l’esotico ; il familiare quanto il grandioso ; per favorire l’intersezione di due categorie contrapposte.

5.6. Se c’è un’estetica della fotografia, distinta dall’estetica della pittura, soddisfa l’assioma di Andre Breton (che non è il mio) : più un’immagine è arbitraria, più sarà bella.

5.7. Sfogliamo una delle consuete riviste fotografiche ; nella prima parte troviamo i detriti di una pittura accademica ; muri, frammenti e pezzetti di donne, drappeggi, prospettive, colonnati ; nella seconda parte ecco gli eventi politici attuali : le strade di San Salvador … Conferiamo il premio fotografico dell’anno : andrà alla vittima politica più bella (adesso una sublime biafrana, ora una stupenda donna vietnamita che nuota verso gli Stati Uniti) ; la Zattera della Medusa di Gericault.


Zetaesse. ALIX CLÉO ROUBAUD. Fotografare l’invisibile significa fotografare ciò che non abbiamo ancora visto, ma che finiremo per vedere, ciò che non dovremmo mai vedere, ciò che non ci stancheremmo mai di guardare
© Alix Cléo Roubaud

6. Le sole fotografie vere sono le fotografie d’infanzia.

6.1. Mai dimenticare il fascino esercitato da tutte le fotografie scattate nell’infanzia, anche se sfocate o storte ; è un campo in cui non esiste una buona foto.

6.2. Moralità : il potere di una fotografia ha radici nel tempo come nell’arte ; ossia recupera i valori ricevuti dall’arte : il bello, il decorativo…

6.2.1. Una fotografia è sempre sotto l’occhio del tempo, ancorché è il tempo a fornirle il suo potere.

6.2.2. Il fotografo aspira al suo futuro anteriore.

6.2.3. La fotografia ideale è un momento di assoluta coscienza a sé stessi (di presenza a sé).

6.2.4. Ha radici nel particolare : quest’albero qui ; quell’oggetto lì ; questo volto.

6.2.4.1. Un particolare che si sottrae di continuo al generale.

6.2.5. Hegel affermava che il ritrattista non dovrebbe dipingere porri o rughe ; la fotografia rastrella tutto senza eccezioni.

6.3. Per questa ragione l’idea di bellezza in fotografia scivola di continuo verso l’autentico.

6.4. La fotografia è osservata nel tempo da due prospettive diverse :

6.4.1. Il momento dello scatto di una fotografia è vissuto come un futuro anteriore : quando la vedi, non sarà più. Accecato da questo presente che fugge, che è il segno stesso della fotografia, il fotografo dissolve la storia.

6.4.2. Con il naso schiacciato contro la sua storia personale, e nella storia personale di ogni momento fotografico, dimentica la storia della fotografia, sotto l’occhio di questo secondo aspetto del tempo.

6.5. Una fotografia che mi ritrae da bambina mi mostra ciò che non ho visto quando ero lì. Quindi non dissipa l’ombra di ciò che è dimenticato ma piuttosto brilla con la stessa lucentezza di un ricordo mai offuscato. Non fa parte della memoria, e tuttavia vi si insinua costantemente, introducendo come di contrabbando nuove immagini, immagini che in breve non potranno più essere distinte dal puro ricordo.

6.6. Infatti le fotografie d’infanzia non sono ricordi d’infanzia ; raggiungiamo la nostra infanzia interiore, mediante una fotografia, solo rimettendola in scena.

7. Tutte le fotografie sono me.

7.1. Tutte le fotografie che scatto sono me, nel senso semplice per cui ogni cosa che è fabbricata (prodotta, lavorata) contiene chi l’ha creata (prodotta, lavorata).

7.2. È truismo (per di più recente) per quanto riguarda la materia artistica e letteraria (madame Bovary, c’est moi), ma non è ancora percepito come vero per la fotografia. Perché?

7.3. Perché la fotografia somiglia così tanto al mondo da essere scambiata per esso, e non sempre assume i miei tratti ; e per conto mio non sempre somiglio al mondo.

7.3.1. Non capisco perché non sono anch’io il mondo.

7.4. Al Museo d’Arte Moderna va a vedere la mostra “Specchi e finestre”, anche chiamata “Espressione di sé” o “Esplorazione del mondo” (sic.). È molto difficile notare in tutti i casi la differenza, senza escludere i pochi autoritratti presenti. Senza dubbio ciò che vediamo è il mondo. Altrettanto indiscutibilmente, i fotografi affermano di esprimere sé stessi.

7.5. Così infatti dirò che le fotografie non sono me, non esprimono me, tranne nell’accezione per cui un vasetto di yogurt esprime Danone o Gervais.


Zetaesse. ALIX CLÉO ROUBAUD. Fotografare l’invisibile significa fotografare ciò che non abbiamo ancora visto, ma che finiremo per vedere, ciò che non dovremmo mai vedere, ciò che non ci stancheremmo mai di guardare
© Alix Cléo Roubaud

8. Tutto ciò che può essere mostrato può essere mostrato chiaramente.

8.0. (Tutto ciò che può esser detto può esser detto chiaramente.) Ciò che non può esser detto, può esser mostrato o nascosto. Un’immagine è dunque una forma di silenzio. La fotografia non è un linguaggio. Le riconosceremo il diritto a essere bella e di tacere.

8.1. Possiamo mostrare ciò che non possiamo dire ; un qualcosa che non si può nemmeno fischiettare (Ramsay).

8.2. All’inverso, ciò che può esser detto può essere o non essere mostrato. Ci sono cose che possono esser dette e non mostrate. Sono invisibili. L’invisibile non è l’inconscio, né la memoria, né il plusvalore.

8.3. Fotografare l’invisibile significa fotografare ciò che non abbiamo ancora visto, ma che finiremo per vedere, ciò che non dovremmo mai vedere (pornografia), ciò che non ci stancheremmo mai di guardare (un oggetto o qualcuno che si ama).

8.4. L’invisibile è la ridondanza del visibile.

9. Fotografiamo ciò che può esser perduto.

9.1. La fotografia è di per sé deperibile.

9.2. Tutto ciò che rischiamo di perdere, i nostri bambini, saranno presto irriconoscibili ; vanno fotografati.

9.3. E se non ricordo esattamente l’Arco di Trionfo ; devo fotografarlo (in questo modo ognuno ha i suoi monumenti privati).

9.4. I monumenti, consacrati all’eternità, sono ai nostri occhi tanto strani e familiari sul piano fotografico come i nostri figli, che sono destinati a sparire.

10. Le fotografie, infine, sono sentimentali.

10.0. Nel senso che non si è mai stanchi di guardare ciò che si ama sentimentalmente, non ci stanchiamo mai di guardarlo.

10.1. Della donna, dell'uomo che si ama, si prende, si possiede una o un'infinità di foto. Mai abbastanza.

10.2. Una fotografia può anche essere bella, ma non è meno che un frammento del mondo di chi ama, così come i capelli, la lettera, la biancheria intima.

10.2.1. E non una riproduzione, una rappresentazione dell’oggetto amato ; una fotografia non è l’ambasciatore della tua donna, ma piuttosto un pezzo di lei.

10.3. Una fotografia è sentimentale perché l’innamorato è un collezionista di ciò che ama.

10.4. Non canta, non elogia, parla.

10.5. Non canta, ruba un pezzetto intangibile.

10.5. La fotografia è quindi un oggetto rubato, la fotografia è un furto.

10.6. Tuttavia nessuno saprà cosa è stato rubato.

10.7. Ogni elemento rubato è parte di una collezione virtuale, anche se questa collezione include un solo oggetto : questo oggetto ne aspetta altri. Queste altre forme sono invisibili. Sono il rovescio dell’invisibile dell’oggetto. Sono ombre senza limiti.

10.8. Ecco perché la fotografia non è iconoclasta, al contrario è iconodula.

10.9. Ecco perché la fotografia d’amore, anche se questo è vicino, sicuro, durevole, ripetuto, è sempre lo scatto di un amore distante.





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