di MAURO THON GIUDICI
L'Amnesia Discoteque era situata sulla strada statale, in Corsica, alcuni chilometri a nord di Bonifacio, coordinate di google maps: 41.471927, 9.224100. L'edificio, costruito nel 1995, è durato 5 anni. È stato distrutto da più esplosioni simultanee il 5 aprile 2000. In seguito, come rovina, ha resistito più di un decennio. Nel 2017, su google maps solo la sua impronta risulta ancora visibile.
Molte cose mi hanno affascinato di questo complesso in rovina. Il fantasma dello stile mediterraneo, con la sua profusione di superfici bianche, piastrelle rosse, anche se in rovina, è tutto lì, con altri simboli presi dal l'immaginario degli anni '90, mostra un variegato e cospicuo insieme di "tele" per artisti e passanti. Sono arrivato lì per puro caso, l'ho notato dalla strada principale, di sfuggita, andando verso sud. Sono poi tornato e ho preso le foto in due visite consecutive nel luglio 2009.
Su scale temporali geologiche 20 anni sono una sciocchezza. Ma se il peso degli anni 90 è ridicolo sulla scala geologica su quella culturale pesano come un macigno. Il decennio del cheap potremmo chiamarlo, dell’irrompere del simbolico a copertura delle povertà materiali, che la bomba, come nella “storia di un impiegato” di De Andrè, espone senza pietà, ma anche dell’uso delle droghe come coadiuvante ambientale essenziale, su poderosi vettori di fuga, per reggere l’illusione della fine.
Una rovina questa, che lascia poco alla nostalgia dei bei tempi andati o che si stagli nel tempo a memoria di un alcunchè. Il contrappunto con Ruskin e il sogno romantico stride. Le evidenze fotografiche che presento però mostrano una vita che viene dopo la distruzione, fatta di espressioni opportunistiche o meno, segni di riappropriazione/espropriazione. Ora la discoteca Amnesia esiste solo figurativamente, è rimasta la traccia fantasmatica, forse sarà riassorbita dalla natura o forse vi sarà appoggiato sopra un nuovo resort adatto a nuovi consumi.
Nel frattempo, da quando ho eseguito le riprese, in un frammento temporale ancor più breve, l’attenzione sulla morte degli edifici, e sul loro completo ciclo di vita è andata affollando di libri e fotolibri le librerie. Il costo ambientale dell’edificare, già notevole di per sé, viene amplificato dalle pratiche di demolizione su cui si è sviluppato un segmento apprezzabile dell’industria del costruire.
Non si può dimenticare al proposito “Buildings must die” di Stephen Cairns e Jane Margaret Jacobs che vuole l’idea della morte come insita nel progettare stesso quale completamento dell’allegoria della vita che domina in architettura, o il lavoro di Alberto Goyena “Architecture inside out” che indaga sulla vita e il pensiero dei demolitori in Brasile dove il nuovo non si sovrappone al passato ma sempre lo sostituisce, o, infine, ai molti manuali di pianificazione circolanti in rete in cui la demolizione è parte integrante del progetto iniziale, come una proiezione teleologica.
Di recente poi ho rinvenuto questo video di Tim Morton, “The Golden Stain of Time”, che entra in merito alla rappresentazione del tempo e del rudere in John Ruskin, le cui citazioni ho voluto inserire, come contrappunto tra una foto e l’altra.
Il libro "AMNESIA un rudere effimero" si compone di 40 foto associate, come contrappunto, a citazioni prese dalla collezione di testi di John Ruskin disponibili sul sito del Project Gutemberg. Stampato su carta comune ed autoprodotto, vuole essere uno studio della relazione tra testo ed immagine oltre ad essere una riflessione sulla portata fotogenica del rudere".
*MAURO THON GIUDICI
Nato il 3 Agosto 1958, si occupa di fotografia e paesaggio da diversi decenni. Nato e cresciuto per i primi anni della sua vita in Canada (Nanaimo, British Columbia) ha assorbito la cultura del consumo sul nascere. Figlio di emigranti italiani, sbarca in Italia all'età di sei anni compiuti. L'ambiente di arrivo, la provincia rurale italiana, ha un forte impatto cognitivo, il contrasto con l'ambiente nativo è molto marcato e difficoltoso nelle relazioni. È l'ultimo lembo di cultura contadina di montagna quella in cui sbarca. Piano piano la vedrà sparire. Obbligato a osservare il mondo che lo circonda per necessità di adattamento oltre che per farsene una ragione, a 14 anni sente il bisogno di rendere fotograficamente la propria esperienza percettiva. Nello stesso periodo inizia una militanza politica con la campagna contro l'abrogazione del divorzio. Per diversi decenni alternerà l'attività fotografica con quella dello studio di protocolli di comunicazione, AI e altri linguaggi di programmazione. Dal 2007 si occupa stabilmente di paesaggio, territorio, geografia umana e fotografia, vestendo la figura dell'artista a cavallo tra saperi scientifico/umanistici e pratiche estetiche. I libri fotografici oltre a essere, quasi accidentalmente, riferiti a un soggetto, vogliono essere studi su modalità e forme atte a una narrazione dei luoghi basata su evidenze descrittive, quale è quella fotografica.
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