di SARA DE CARLO
RICORDI DELLA CASA GIALLA (Recordações da casa amarela)
Regia João César Monteiro
Portogallo 1989
I traslochi stanno ai nostri oggetti, come la lavatrice sta ai calzini spaiati, i buchi neri alla luce, come la dimenticanza alla memoria… Io quel viaggio in Portogallo l’avevo fatto per molteplici ragioni, ma una di queste era lui: il regista lusitano João César Monteiro Santos. Nell’anno che aveva preceduto il viaggio, avevo voracemente ingurgitato tutto - o meglio quasi tutto - di lui, amandolo e ridendo della sua poetica crudele, anarchica, detestabilmente cinica, eppure lieve. Avevo avviato le danze con A Comédia de Deus, seguendo il tracciato della vita nietzschiana del melomane João de Deus (interpretato dal regista stesso), anziano gelataio collezionista di peli pubici; avevo osservato il prosieguo dell’epopea di quell’improbabile personaggio ne A Boda de Deus; avevo visto altri film di Monteiro, che non narravano più le gesta e i desideri erotici del gelataio ma che restavano preziosi. E però, dopo tutto, mi mancava il primo capitolo della trilogia su João de Deus, Recordações da casa amarela.
All’epoca non l’avevo trovato in rete, non l’avevo trovato tra gli archivi della settanta volte benedetta Mediateca Santa Sofia, ma lo scovai durante il viaggio portoghese in un bugigattolo di una libreria conficcata tra i dedali di Lisbona. A pochi spiccioli acquistai quella promessa di felicità sottotitolata in francese e in inglese. Tornai a casa, a Napoli, e misi da parte quel dono che mi ero fatta, rimandando le allegrie all’indomani di un trasloco che avevo imminente. Nessuno sa più dove volli mettere al riparo quel tesoro, il trasloco se l’è portato via e io ancora aspetto che il prossimo - ancora una volta imminente - trasloco mi restituisca il maltolto… Non si sa mai! Questa per ora non è che la storia di un dvd scomparso e di un film che non vidi mai.
*SARA DE CARLO
Non ama e nemmeno sa scrivere poche righe di cenni autobiografici, l’unica cosa che può dire di sé è che, nata nel ’79 a Castellammare di Stabia e votata com’è alla nostalgia, insegue il destino delle navi dei cantieri della sua città: come quelle attraversano i mari per poi far ritorno al punto di partenza per il rimessaggio, anche lei approda qua e là – ha finora vissuto tra Parigi, Valencia, Istanbul, la Puglia e Napoli – e poi torna sempre nel suo porto di provincia. Andando e tornando insegna (storia e filosofia) e (ahimè meno volte!) disegna.
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