di GIOVANNI MARASCO
– Va, va a starci tu in città. Per me io voglio morire dove son nato; – e pensando alla casa dove era nato, e che non era più sua si lasciò cadere la testa sul petto. – Tu sei un ragazzo, e non lo sai !... non lo sa!... Vedrai cos'è quando non potrai più dormire nel tuo letto; e il sole non entrerà più dalla tua finestra!... Lo vedrai; te lo dico io che son vecchio! – Il poveraccio tossiva che pareva soffocasse, col dorso curvo, e dimenava tristemente il capo: - "Ad ogni uccello, suo nido è bello". Vedi quelle passere? le vedi? Hanno fatto il nido sempre colà, e torneranno a farcelo, e non vogliono andarsene.
– Io non sono una passera. Io non sono una bestia come loro! rispondeva N'Toni. Io non voglio vivere come un cane alla catena, come l'asino di compare Alfio, o come un mulo da bindolo, sempre a girar la ruota; io non voglio morir di fame in un cantuccio, o finire in bocca ai pescicani.
– Ringrazia Dio piuttosto, che t'ha fatto nascer qui; e guardati dall'andare a morire lontano dai sassi che ti conoscono. "Chi cambia la vecchia per la nuova, peggio trova". Tu hai paura del lavoro, hai paura della povertà; e io che non ho più né le tue braccia né la tua salute non ho paura, vedi! "Il buon pilota si prova alle burrasche." Tu hai paura di dover guadagnare il pane che mangi; ecco cos'hai! Quando la buon'anima di tuo nonno mi lasciò la Provvidenza e cinque bocche da sfamare, io ero più giovane di te, e non avevo paura; ed ho fatto il mio dovere senza brontolare; e lo faccio ancora; e prego Iddio di aiutarmi a farlo sempre, come l'ha fatto tuo padre, e tuo fratello Luca, benedetto! che non ha avuto paura di andare a fare il suo dovere. Tua madre l'ha fatto anche lei il suo dovere, povera femminuccia, nascosta fra quelle quattro mura; e tu non sai quante lacrime ha pianto, e quante ne piange ora che vuoi andartene; che la mattina tua sorella trova il lenzuolo tutto fradicio! E non di meno sta zitta e non dice di queste cose che ti vengono in mente; e ha lavorato e si è aiutata come una povera formica anche lei; non ha fatto altro, tutta la vita, prima che le toccasse di piangere tanto, fin da quando ti dava la poppa, e quando non sapevi ancora abbottonarti le brache, che allora non ti era venuta in mente la tentazione di muovere le gambe, e andartene pel mondo come uno zingaro.
In conclusione ’Ntoni si mise a piangere come un bambino, perchè in fondo quel ragazzo il cuore ce l’aveva buono come il pane; ma il giorno dopo tornò da capo. La mattina si lasciava caricare svogliatamente degli arnesi, e se ne andava al mare brontolando: — Tale e quale l’asino di compare Alfio! come fa giorno allungo il collo per vedere se vengono a mettermi il basto. — Dopo che avevano buttato le reti, lasciava Alessi a menare il remo adagio adagio per non fare deviare la barca e si metteva le mani sotto le ascelle, a guardare lontano, dove finiva il mare, e c’erano quelle grosse città dove non si faceva altro che spassarsi e non far nulla; o pensava a quei due marinai ch’erano tornati di laggiù, ed ora se n’erano già andati da un pezzo; ma gli pareva che non avessero a far altro che andar gironi pel mondo, da un’osteria all’altra, a spendere i denari che avevano in tasca. La sera, i suoi parenti, dopo aver messo a sesto la barca e gli attrezzi, per non vedergli quel muso lungo, lo lasciavano andare a gironzolare come un cagnaccio, senza un soldo in tasca.
GIOVANNI VERGA, I Malavoglia
*GIOVANNI MARASCO
Nasce in Calabria nel 1973. Fotografo autodidatta, inizia nel 1990 a studiare i grandi autori della fotografia e della critica fotografica. Lavora prevalentemente in bianco e nero. Ha esposto in numerose collettive e personali, tra cui proiezioni in gigantografia all`Auditorium Parco della Musica di Roma (2011/12); "Memento", mostra personale presso Palazzo Romei a San Giovanni in Fiore (2015); esposizione al Festival Internazionale della Fotografia Les recontres d’Arles (2017). Vive e lavora a Roma.
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